FONDAZIONE ARCHIVIO LUIGI NONO ONLUS
Cori di Didone
Data di composizione: 1958
Testo: Giuseppe Ungaretti da La terra promessa
Organico: Coro misto: 8 Soprani, 8 Contralti, 8 Tenori, 8 Bassi; Percussioni (6 esecutori): 8 Piatti sospesi, Campane, 4 Tamtam
Dedica: "Wolfgang und Hella Steinecke gewidmet"
Durata: 12’
Editore: Ars Viva AV 54 (1958)
Committente: La città di Darmstadt
Prima esecuzione assoluta: Darmstadt, Kongreßsaal Mathildenhöhe, 7 settembre 1958, Internationale Ferienkurse für Neue Musik des Kranichsteiner Musikinstituts - Tage für Neue Musik des Hessischen Rundfunks, Darmstadt, “Musik der Zeit” Kölner Rundfunkchor e Membri del Kölner Rundfunk Sinfonie-Orchester, Dir. Bernard Zimmermann; Otto Maier, Karl Kaufhold, maestri di coro
Scritti nel 1958, i Cori di Didone per coro e percussioni segnano - assieme a La terra e la compagna per soli, coro e orchestra, scritta l'anno precedente - un'intensificazione di quelle tecniche di spazializzazione e di frammentazione del testo intonato applicate per la prima volta dall'autore in modo estensivo nel Canto sospeso.
Per i Cori di Didone Nono selezionò cinque liriche di Giuseppe Ungaretti comparse nella raccolta La terra promessa, pubblicata nel 1950, probabilmente attratto dalla grande attenzione che in quelle liriche il poeta presta all'aspetto fonico, oltre che a quello semantico, della parola. Da tale attenzione deriva la spiccata eufonia dei versi, in cui non di rado compare la rima, e che risuonano di assonanze interne basate sopratutto sui suoni vocalici, secondo una tradizione lirica italiana, attenta anche al melos della lingua. Si vedano ad esempio i versi della prima poesia "Non so chi fu più vivo, / Il sussurrio sino all’ebbro rivo / O l’attenta che tenera si tacque" il primo basato sull'alliterazione della 's' e sulla reiterazione della vocale 'o', il secondo sull'alliterazione vocalica 'e' / 'o'.
Tali valori fonici trovano immediata amplificazione 'analitica' nell'intonazione di Nono, che sottopone ogni singola parola a una sistematica dissezione, con la conseguente vanificazione dell'aspetto semantico del testo, a favore dell'esaltazione del suo aspetto fonico. Tale aspetto, una volta scisso dal significato, vale solo come elemento fondamentale del 'senso musicale', in quanto i singoli fonemi che formano le parole della poesia, associati alle note e quindi cantati, vanno a comporre un mosaico sonoro la cui sostanza timbrico - fonica e il cui 'suono' sono constituiti anche dalla disposizione tra le voci delle singole parole 'parcellizzate che formano il testo poetico.
Per incrementare le possibilità combinative delle voci in funzione di un'accentuata 'puntalizzazione' del testo, Nono suddivide ognuna della tradizionali quattro sezioni del coro - S, C, T, B - in otto parti indipendenti, cosicché il coro consta in effetti di trentadue parti reali. Le singole parole del testo vengono così suddivise tra combinazioni variabili di tali parti, secondo una scomposizione progressiva in sillabe e in singoli fonemi, questi ultimi quasi sempre costituiti da singole vocali.
Ad esempio, nelle prime quattro battute dell'opera, il verso 'La sera si prolunga' è suddiviso tra tutte e trantadue le voci - raggruppate in gruppi binario ternari, ognuno dei quali procede omoritmicamente - in una parcellizzazione che va dalla sillaba ai fonemi che la costituiscono.
Come nel resto della copmosizione, salvo rare eccezioni, ogni voce intona una sola nota alla volta seguita da una pausa. In tal modo il compositore ottiene un'estrema dissociazione spaziale dei suoni tra le voci, in un mutare continuo dello 'spessore' degli aggregati verticali che provoca incessanti microvariazioni del timbro vocale complessivo.
Nei Cori di Didone, come nelle altre opere corali noniani di questo periodo, l'organizzazione delle alteze non fa riferimetno a una concezione realmente seriale, quato piuttosto alla successiva esposizione variata del totale cromatico negli aggregati delle voci. Ad esempio, sempre all'inizio della composizione, nelle prime quattro battute vi è una progressiva comparsa di tuttie dodici semitoni a partire dalle due note iniziali Do e Do diesis, secondo una 'germinazione' in direione ascendente e discendente così schematizzabile:
Do# Re Mib Mi Fa Fa#
Do Si Sib La Lab Sol
A partire dalla conclusione della terza sezione dell'opera, fanno il loro ingresso le percussioni, che mantengono lo stesso rarefatto puntillismo delle voci, con dinamiche in prevalenza comprese tra il mf e il ppp.
L'efficacia del calibrato equilibrio tra voci e percussioni raggiunge forse il culmine nel Finale, in cui le parti vocali scompongono e ricompongono la parola 'mare' - che ricorre ben dodici volte nei versi della poesia -accompagnate dalle rade sottolineature del glockenspeil, dei tam-tam e dei piatti: qui (come in precedenza alla parola 'grido') il significato semantico si ricompone per un attimo, forzando le maglie del divisionismo testuale in una conclusione tra le più felici della produzione corale di Nono.
(Dal programma di sala di Paolo Cecchi, Con Luigi Nono, Teatro La Fenice, 11 giugno 1993).
I
La sera si prolunga
Per un sospeso fuoco
E un fremito nell’erbe a poco a poco
Pare infinito a sorte ricongiunga.
Lunare allora inavvertita nacque
Eco, e si fuse al brivido dell’acque.
Non so chi fu più vivo,
Il sussurrio sino all’ebbro rivo
O l’attenta che tenera si tacque.
II
Ora il vento s’è fatto silenzioso
E silenzioso il mare;
Tutto tace; ma grido
Il grido, sola, del mio cuore,
Grido d’amore [grido di vergogna],
Del mio cuore che brucia
Da quanto ti mirai e m’hai guardata
[E più non sono che un oggetto debole].
Grido e brucia il mio cuore senza pace
Da quando più non sono
Se non cosa in rovina e abbandonata.
III
Nella tenebra, muta
Cammini in campi vuoti d’ogni grano:
Altero al lato tuo più niuno aspetti.
IV
A bufera s’è aperto, al buio, un porto
che dissero sicuro.
Fu golfo constellato
E pareva immutabile il suo cielo;
Ma ora, com’è mutato!
V
[Non odi del platano,
Foglia non odi a un tratto scricchiolare
Che cade lungo il fiume sulle selci?]
Il mio declino abbellirò, stasera;
A foglie secche si vedrà congiunto
Un bagliore roseo.
FINALE
Più non muggisce, non sussurra il mare,
Il mare.
Senza i sogni, incolore campo è il mare,
Il mare.
Fa pietà anche il mare,
Il mare.
Muovono nuvole irriflesse il mare,
Il mare.
A fumi tristi cedé il letto il mare,
Il mare.
Morto è anche, [vedi,] il mare,
Il mare.
Giuseppe Ungaretti
“Cori descrittivi di stato d’anima di Didone” e Finale, in La terra promessa, frammenti, Edizioni A. Mondadori, Milano
8. Cori di Didone (1958)
il significato storico particolare – rapporto amoroso tra donna e uomo – del mito (o realtà) di Didone è qui inteso ampliato al rapporto tra uomini, anche di tragica contemporaneità: la tensione di una vita che in violenta intensità di sentire umano-creativo a un tratto tragicamente scoppia o è portata a scoppiare: suicidio o “omicidio [da parte] della società” per dirla con Camus? in questi cori particolarmente m’accompagna la presenza di Majakovskij di Toller Arshile Gorky di Pavese e De Staël. dopo Il canto sospeso e La terra e la compagna si sviluppa qui la mia tecnica per una nuova espressività nel canto in relazione simultanea alle due formanti di un testo: fonetica e semantica. opera commissionata dalla Città di Darmstadt per [gli] Internationale Ferienkurse für neue Musik 1958, è dedicata a Wolfgang e Hella Steinecke.
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Luigi Nono. Scritti e colloqui, a cura di A.I. De Benedictis e V. Rizzardi, Ricordi-LIM («Le Sfere», 35), Milano 2001, vol. I, p. 432
TESTO BASE: Dattiloscritto ALN.
IE [?]: La Biennale di Venezia, XXV Festival Internazionale di Musica Contemporanea, Venezia, Teatro La Fenice 1962, p. 42.
RT: Bayerischer Rundfunk, Konzerte mit neuer Musik, Monaco di Baviera, luglio agosto settembre 1964, p. 1;
LN-Stenzl, p. 122;
LN-Feneyrou, p. 286.
Come rivela un appunto manoscritto del compositore apposto sul TESTO BASE, esso fu inizialmente compilato per il Festival della Società Internazionale di Musica Contemporanea di Colonia del 1960 («per Köln – IGNM Festival 1960»; edizione non reperita). Numerose le varianti rispetto IE in cui il dettato e l’interpunzione originale furono normalizzati redazionalmente.
Cecilia BELLO MINCHIACCHI, L'incontro tra Ungaretti e Nono. Cori di Didone, in: "Poetiche". Rivista di letteratura, Anno 2001 - N. 2, Mucchi Editore, Modena, p. 265-300.
Carlo DE PIRRO, Giuseppe Ungaretti, Luigi Nono e i "Cori di Didone", in: "Italian Poetry Review", Anno 2007 - N. 2, p. 419-442
Paolo DAL MOLIN, «È giovane pieno d’intelligenza e di finezza». Luigi Nono e L’Allegria di Ungaretti, in: Rivista Italiana di Musicologia, XLIX 2014, LIM, Lucca, 2014, pp. 177-210
[] Registrazione radiofonica della RAI del 26/04/1969, 1969 | |
[DAT] Registrazione radiofonica della WDR3 del 19/09/1985, 1985
Performers: Frank Bähr/Christoph Caskel/ Karl-Josef Kels/Harald Kühlen/Georg Tietz/Manos Tsangaris, percussioni; Kölner Rundfunkchor, WDR Runfunkchor Köln, dir. Herbet Schernus Notes: ALN |
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[CD] 93.022, 2001
Recording label: Hanssler Classic Performers: SWR Vokalensemble Stuttgart; Franz Bach/Herbert Brandt/Wieland Junge/Robert Kette/Martin Rosenthal/Edith Salmen-Weber, percussioni; dir. Rupert Huber Notes: Registrazioni 15-17/09/1993 |
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[CD] 93.179, 2006
Recording label: Hanssler Classic Performers: Percussions de Strasbourg; SWR Vokalensemble Stuttgart; dir. Marcus Creed |