FONDAZIONE ARCHIVIO LUIGI NONO ONLUS
Composizione per orchestra [n. 1]
per orchestraData di composizione: 1951
Organico: 3 Flauti, 3 Oboi, 4 Clarinetti, 3 Fagotti, Sassofono soprano (Si♭), Sassofono contralto (Mi♭); 4 Corni, 2 Trombe, 3 Tromboni, 1 Tuba; 3 Timpani, Percussioni (Gran Cassa, 2 Casse chiare, 5 Tom-Tom piccoli, 3 Tom-Tom grandi, 3 tamburi ad altezza indeterminata, 3 tamburi ad altezza determinata, Xilofono, Glockenspiel, Vibrafono, 5 Piatti sospesi), Celesta, Arpa, Pianoforte; Archi
Dedica: A Wolfgang Steinecke [non in partitura]
Durata:14’
Editore: Ars Viva
Prima esecuzione assoluta: Amburgo, Studio X, 18 febbraio 1952, “Das neue Werk”; Nordwestdeutscher Runfunk Hamburg, Dir. Bruno Maderna
I primi dieci anni della carriera di Nono si svolsero in gran parte fuori dall’Italia. La sua opera prima, le Variazioni canoniche sulla serie dell’op. 41 di Arnold Schönberg per orchestra, ebbe la prima esecuzione sotto gli auspici di Hermann Scherchen ai corsi estivi di Darmstadt nel 1950. Occorre attendere il 1961 perché Nono, con Intolleranza 1960, abbia un’autentica “prima” in Italia. In Germania, invece, Nono fu da subito un compositore di successo, potendo contare sui programmatori delle rassegne di musica contemporanea che si tenevano in diverse sedi di stazioni radiofoniche. Fu proprio una di queste, il NDR di Amburgo, che nel 1951 commissionò a Non e a Bruno Maderna due composizioni per orchestra, previste per il 18 febbraio 1952 in una serata che comprendeva musiche di Dallapiccola, Petrassi e Turchi.
Nono aveva allora 27 anni, e stava vivendo, a Venezia, una stagione di grande fervore creativo presso la “bottega” di Maderna. Nel 1951 aveva lavorato contemporaneamente a due progetti, una composizione da camera, Polifonica-Monodia-Ritmica, e una cantata per due recitanti, coro e orchestra, su testi tratti dal diario di prigionia di un partigiano cecoslovacco, Julius Fucˇík, torturato e ucciso dalla Gestapo. Questo lavoro rimase incompiuto, ma è importante come precoce testimonianza del suo impegno civile e anzi direttamente politico, nonché come esperimento di drammaturgia musicale.
In vista di un’esecuzione a Darmstadt, Nono rimase indeciso tra il pezzo cameristico e la cantata, che infine accantonò. Entrambi si basavano in parte su una tecnica, ideata recentemente da Maderna, consistente nella permutazione sistematica dei dodici suoni di una serie – ma anche di altre sequenze di note, o di melodie preesistenti – per mezzo di una trasformazione grafica governata da un “quadrato magi co” di indici numerici. Questo sistema, del tutto automatico e meccanico, permetteva di trarre conseguenze ritmiche e di sonorità armonica direttamente dal materiale, così che il lavoro di composizione si trovava a fare i conti con l’“oggettività” di una materia già in parte organizzata.
Maderna sperimentò subito questi procedimenti sfruttandone al massimo gli automatismi con l’Improvvisazione (n. 1) per orchestra che decise di inviare per il concerto di Amburgo del febbraio 1952. Ricevuta la commissione, anche Nono si mise al lavoro partendo dagli stessi presupposti tecnici, come risulta da una lettera a Maderna:
«Per Amburgo ho pensato di fare, per grande orchestra come tu mi suggerisci, un lavoro in cui affrontare i famosi problemi melodici e armonici, andando fino in fondo agli ultimi procedimenti per quadrati magici e riducendo il mio intervento solo al fattore timbrico – una linea che progressivamente dia origine al contrappunto (?). Cioè due tempi: il primo una melodia, che adoperando i quadrati in due modi differenti, inizialmente è unica, anche il ritmo è quello del quadrato, poi, usando le proiezioni simultanee dei quadrati, in funzione armonica, anziché ritmica, iniziare un piano armonico che si svilupperà nel II tempo in polifonia. Il II tempo sarà essenzialmente ritmico e schematico, naturalmente senza soluzione di continuità. [...]»
Questo piano fu rispettato nei principi generali, ma non alla lettera. Nella realizzazione definitiva soltanto una sezione della composizione, il I episodio deriverà in modo letterale e rigoroso dalla tecnica dei quadrati magici. Ma la Composizione per orchestra introduce diverse altre novità.
Dopo avere esteso i confini della dodecafonia oltre la disciplina, tipica della scuola di Vienna, delle serie retrogradate, invertite e trasposte, Nono ne abbandona già un presupposto fondamentale. La serie prescelta è infatti composta di nove suoni (il numero nove compare nel pezzo anche come “chiave” ritmica): i tre rimanenti, Mib - Mi - Re vengono riservati al solo timpano in un Finale tripartito destinato alle sole percussioni.
La Composizione per orchestra risulta così articolata: Introduzione (1-16) - I episodio (17-70) - II episodio (71-130) - III episodio (131-147) - IV episodio (148-209) – Finale tripartito (210-239 / 240-268 / 269-283).
Come in Polifonica-Monodia-Ritmica, Nono descrive un arco formale contraddistinto dall’emergenza di eventi sonori elementari dal silenzio e dall’indistinto. L’Introduzione è dunque una semplice monodia affidata a un gruppo strumentale composto da pianoforte, arpa, Glockenspiel, vibrafono e xilofono, che giocano un ruolo chiave nell’orchestrazione dell’intero lavoro. Alla breve Introduzione segue direttamente il I episodio, che aggiunge ad arpa e tastiere i soli archi. Nonostante le apparenze, si tratta della sezione più marcatamente sperimentale dell’intero lavoro: le linee melodiche, i valori di durata, le aggregazioni verticali di sonorità sono tutte rigorosamente determinate dagli schemi di permutazione.
Gli archi sono trattati all’unisono, mentre gli aggregati di due o tre suoni sono assegnati al gruppo arpa/tastiere o al pizzicato degli archi. Segue una seconda sezione, caratterizzata da un “alone” realizzato da cinque parti di archi accoppiate ciascuna a un piatto sospeso. Si produce così una fascia continua, quasi rumore di fondo in ppppp, che dura fino al termine del movimento.
Questo primo episodio ha una funzione piuttosto introduttiva al complesso ordigno contrappuntistico costituito dagli episodi II e IV, collegati da un III in funzione di transizione, nonché dal finale ritmico, strettamente imparentato ai precedenti. A partire da qui tutto il brano si costituisce come una progressiva stratificazione fino a quattro parti, costituite ciascuna da una concatenazione di tre formule ritmiche in successione sempre differente (ABC BCA CAB ecc.). Un nuovo canone a tre parti costituisce il breve III episodio affidato alle percussioni a suono indeterminato e al gruppo arpa/tastiere. Il IV episodio non introduce nuovi materiali, ma varia il modo di relazione di quelli già impiegati. Caratteristica di questa sezione è infatti l’assegnazione di una e una sola altezza all’intera figura ritmica A, B o C. Ne nasce una complessa polifonia di note ribattute, appena annunciata nel II episodio, che consente ora una stratificazione più densa.
L’orchestrazione è subordinata a una rigo rigorosa ripartizione tra gli strumenti delle “catene” formate dalle serie di altezze e delle figure ritmiche.
Il Finale tripartito, con le sue 73 battute, è leggibile come un’estensione della concezione che era alla base dell’epilogo di Polifonica-Monodia-Ritmica. Le tre formule ritmiche ritornano in forma variata e ulteriormente permutata in tre nuovi processi di struttura canonica. Compaiono infine, al timpano, le tre note Mib - Mi - Re fin qui evitate: il finale si apre con questo motto, che sigla anche la conclusione.
La Composizione per orchestra è il compendio di una quantità di diversi “possibili”; Nono vi sperimenta tecniche diverse come fossero esse stesse elementi da sottoporre a variazione, e ne riconnette i risultati in una forma molteplice, alla cui compattezza contribuisce soprattutto un gesto espressivo marcato: le idee iniziali di una serializzazione delle dinamiche cadono, infatti, in favore di un quasi continuo crescendo che attraversa tutto il lavoro, parallelamente all’accelerazione dei tempi.
Formalmente, però, tutto si tiene: nonostante le diversità costruttive, Nono mette in atto un processo consequenziale che, originato dall’emergenza del suono in un’apparente sospensione del flusso temporale (Introduzione ), si sviluppa dapprima nella formazione di elementi melodici (I episodio ); in seguito questi elementi vengono prima moltiplicati e poi cristallizzati per effetto di una griglia ritmica, la quale, prima disciplinando, poi decisamente subordinando a sé la differenziazione delle altezze, prende infine il sopravvento in quanto ritmo puro: «l’indistruttibile forza-ritmo, che è la vita stessa».
Veniero Rizzardi
(tratto dal programma di sala per il Teatro La Fenice di Venezia, 2001)
[CD] CDMAD 027.1, 1992
Recording label: Arkadia Performers: Lidia Marimpietri; Mario Borriello; Orchestra Sinfonica e coro della RAI Roma; dir. Bruno Maderna Notes: Registrazione della prima assoluta ad Amburgo, 18/02/1952 |
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[CD] WER 66672, 2004
Recording label: Wergo Performers: RIAS Kammerchor-Duetsches Syphonie-Orchester Berlin; dir. Peter Hirsch | |
[CD] Sonderkonzert der 10° Münchener Biennale, registrazioni del concerto del 6/05/2006, 2005
Performers: Munchner Philarmoniker, dir. Peter Hirsch Notes: ALN |